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lunedì 10 marzo 2014

I soliti ignoti

A volte, mi piace passare un'ora del mio prezioso tempo guardando l'Eredità. Presentatore simpatico, domande curiose, concorrenti preparati. Più o meno.
Recentemente il buon Conti ha apportato alcune modifiche al gioco. In particolare, il primo gioco adesso consiste nei cosiddetti "abbinamenti". Riassumo le regole per i meno informati. Il concorrente ha un minuto di tempo per completare 20 abbinamenti che possono essere di varia natura, tra cui coniugare i verbi e sapere le tabelline. E qui casca l'asino. Anzi, ne cascano decine.
Capisco che per partecipare a un quiz televisivo non sia necessario essere candidati al Premio Nobel, però non puoi neanche essere analfabeta. Capisco anche che ogni tanto ai casting qualche ignorantello lo facciano passare per fare un po' di scena. Però a tutto c'è un limite. Ci sono cose che ogni persona in possesso di una licenza elementare dovrebbe sapere.
Ovviamente, per motivi di spettacolo, i concorrenti vengono quasi sempre colpiti sul loro punto debole. Capita spesso che alle donne venga chiesto di abbinare il calciatore al suo ruolo. Qualcuna ce la fa anche, chapeau. Il problema è che, a mio parere, nessuno dovrebbe essere in difficoltà con le tabelline o con l'italiano.
Quando Conti pronuncia la parola "tabelline", il concorrente, di solito, sbianca. E quando inizia a rispondere, sbianco io. "7x8?" "42." Bravo, continua così. La maestra che ti ha promosso all'esame di quinta elementare si è appena impiccata. E non venirmi a dire che non sei portato per la matematica. Le tabelline vanno studiate. A memoria. Non c'è scusa che tenga.
Quello che ne esce peggio da questo gioco al massacro, però, è sempre il nostro povero italiano. Voglio essere indulgente e accettare gli errori nei superlativi assoluti. In fin dei conti credo che nessuno abbia mai usato il superlativo assoluto di "funereo", di "mellifluo" o di "benevolo". E voglio anche perdonare l'incapacità dell'italiano medio di discriminare un aggettivo da un avverbio. Quello che non perdono è la totale ignoranza dei modi e dei tempi verbali. I soliti ignoti: congiuntivo, passato remoto e participio passato.
La cosa inquietante è che alcuni non sanno proprio di cosa si stia parlando. "Allora, io ti dico il verbo e tu mi dici il participio passato, ok?" "Va bene." "Parlare?" "Parlai." No, tesoro. Quello è il passato remoto. Ti è chiara la differenza o ti rimandiamo in prima elementare per capirla meglio? Poi ovviamente ci sono quelli che hanno capito di che modo e tempo verbale si stia parlando ma non sanno assolutamente coniugare i verbi. Congiuntivo di sentire? Che io senti. Passato remoto di cuocere? Cuocei. Participio passato di rendere? Renduto. Complimenti vivissimi agli insegnati di italiano che ti hanno portato ad avere questa conoscenza così raffinata della tua lingua madre. Vorrei proprio conoscerli.
Fatemi un favore: prima di candidarvi per un quiz televisivo, fatevi un esame di coscienza. Se non sapete le tabelline e non conoscete la differenza tra participio passato e passato remoto, lasciate perdere. Al Grande Fratello potreste avere successo, però.

1 commento:

  1. Ciao complimenti per questo post, è la stessa cosa che penso io quando sento certi strafalcioni. Sono una nuova follower. Se ti va di ricambiare mi trovi su http://missvanitosa88.blogspot.it

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